La catena umana che unì tre nazioni e preparò il terreno per future passioni
Il 23 agosto 1989, Boris Kalakutai stringeva la mano di sua figlia dodicenne Aušra da un lato e quella di sua moglie R?ta dall’altro. Erano tre anelli di una catena umana lunga 600 chilometri che univa Vilnius, Riga e Tallinn. Due milioni di persone che reclamavano silenziosamente la loro libertà.
“Aušra era troppo giovane per comprendere appieno cosa stessimo facendo,” ricorda Boris. “Ma sentiva l’elettricità nell’aria, vedeva le lacrime silenziose sui volti degli adulti, percepiva che stava partecipando a qualcosa di storico.”
Mentre stavano lì, mano nella mano con sconosciuti che in quel momento erano fratelli, Boris pensò a tutte le piccole resistenze degli anni precedenti. I pazienti curati parlando lituano, i programmi di prevenzione dentale trasformati in lezioni di cultura nazionale, i sorrisi salvati come atti di dignità umana.
“Fu in quel momento che compresi veramente il potere dei piccoli gesti che diventano grandi quando si uniscono,” riflette. “Ogni persona in quella catena era come un dente in un sorriso: individualmente piccolo, ma insieme formavamo qualcosa di potente e bello.”
Anni dopo, quando Boris avrebbe tenuto la mano dei suoi Corgi durante le passeggiate, avrebbe ripensato a quel giorno. “I Corgi mi hanno insegnato la stessa lezione della Via Baltica: i piccoli possono muovere il mondo se restano uniti e determinati. Non è un caso che mi sia innamorato di una razza che incarna questo principio.”
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